Botta e risposta tra sugli eventi del calendario ostunese. Qualche giorno fa sul Nuovo Quotidiano di Brindisi, è apparsa una lettera aperta fa firma di Vittorio Vincenti, dal titolo “Perchè non possiamo dirci burini, Riflessioni minimaliste sulle estati ostunesi”. Alla lettera apparsa sul quotidiano, il giorno dopo ha risposto il presidente dell’associazione Sipario Ostunese, Giorgio Specchia.

Di seguito vi proponiamo prima la lettera di Vincenti e poi la risposta di Specchia.

PERCHE’ NON POSSIAMO NON DIRCI BURINI
Riflessioni minimaliste sulle estati ostunesi

Se è vero, come si dice, che sia ormai la stagione estiva la principale risorsa della comunità ostunese, allora dovrebbe essere l’allestimento del relativo cartellone, per la nuova amministrazione, il primo e più significativo test di efficiena.. Ai fini di una sua corretta interpretazione, tuttavia, sarebbe bene non sottovalutare l’incidenza di un fattore sinora solitamente trascurato: la pratica impossibilità, per essa, di discostarsi da un solco già tracciato in passato e consolidatosi nel tempo: sin dal primo profilarsi della vocazione turistica del territorio, cioè, ogni programmazione, anziché far leva sull’appeal, di eventi idonei a calamitare interessi e curiosità a lungo raggio, si è attenuta a un’unica, costante idea-guida: quella di “allietare” il soggiorno a quanti, più o meno casualmente, si fossero trovati a trascorrere qui da noi le loro vacanze.
Variatis variandis, a tutt’oggi, il criterio di fondo non è sostanzialmente mutato: proposte meno rozze, certo, ma sempre all’insegna della medesima logica: generiche, amene “piacevolezze” a uso e beneficio dei casuali ospiti del momento ma al di fuori di una organica e qualificante progettualità idonea ad assicurare coerenza, al suo interno, tra le singole proposte.
E siamo, così, al cuore del problema: l’offerta culturale. Punto nevralgico perché con la cultura, come per i farmaci, bisognerebbe andarci piano attenendosi scrupolosamente alle istruzioni per l’uso. Fuor di metafora, quando in questo campo si operano delle scelte, non sempre è agevole distinguere il grano dal loglio Per riferirsi alla realtà nostrana, è un fatto che, con enfasi degna di miglior causa, si sia finora teso (e, purtroppo si tenda ancora) a etichettare come fenomeni culturali prodotti (e figure…) presso che insignificanti o, comunque, di modestissimo spessore: si pensi alla doccia scozzese delle “rievocazioni”: vecchi tempi, vecchie arti, vecchi mestieri, vecchi trasporti, vecchi sapori, vecchi balli, vecchie canzoni… vecchie solfe!… Per tacere del blob di pizziche, taranta, tarantelle, salterelli, quadriglie; e, poi, concerti e concertini, folklorate, sbandieramenti, sceneggiate vernacolari… “eventi” soporiferi (imitazioni delle imitazioni), non foss’altro che per la loro similarità rispetto ad analoghe manifestazioni approntate da numerosi centri circumvicini e attinenti alla cultura tutt’al più sul piano antropologico.
Ma, si dirà, il turista gradisce… Bella scoperta!… Se li ritrova per strada, non ha alternative e prende quel che passa il convento. Ma ciò che il convento passa (questo è il punto) incrementa solo un turismo mordi e fuggi (anche perché a mordere e a far fuggire provvede, poi, per suo conto, la pratica rapinatoria dei pubblici esercizi determinati a capitalizzare in un mese quel che pazientemente andrebbe accumulato in un anno): una turismo mordi e fuggi che non sarà, certo, la massima aspirazione di alcuna località intenzionata a promuovere o difendere la propria immagine.
Si pensi, invece, a quale ben altra sorte sarebbe toccata al nostro territorio se, dall’inizio, si fosse puntato su un target diverso da quello, ormai abituale, costituito in prevalenza da qualche “prestigioso” esponente di una pseudo vipperia, da non pochi variopinti, pittoreschi “personaggi in cerca d’autore” e, per il resto, da una “folla solitaria” (copyright David Riesman) sciamante per le strade senza un obiettivo preciso che non sia quello di riempire il vuoto di un giorno o di una serata (la classica “botta de vita” – possibilmente a buon mercato…-). E tutto questo mentre quasi tutti i centri limitrofi cercano di compensare la loro zavorra (ve n’è anche da loro) con la realizzazione di un proprio profilo identitario.. Viceversa, dove cercare la nostra specificità?
A insidiare, dunque, in partenza l’operato di qualsivoglia amministrazione v’è, qui, un peccato originario che la città sconta in termini di autentica prestigiosità.. A scanso di equivoci, non si intende, con ciò, offrire all’amministrazione in carica un alibi per eventuali pecche ravvisabili nell’assolvimento dei suoi compiti. Per alcune sue recenti iniziative, anzi, si potrebbero avanzare forti riserve: si pensi (esempi presi a caso) alla pretesa di attribuire carattere di sensazionalità al concerto di Arbore (un cavallo passato ormai per tutte le fiere, buon ultima quella ostunese) o alla strada dell’archeologia musicale imboccata col reclutamento dei Nomadi (della serie “il nuovo che avanza”… ma per piacere!). Insomma, niente giudizi preconcettualmente assolutori. Caso mai, vigile, critica attenzione all’attività presente e a quella prossimo-ventura. Nella consapevolezza del fatto che il problema resta quello di individuare una formula, un’idea buone a modificare lo stato delle cose, le opzioni particolarmente appetibili (e praticabili) essendo ormai tutte accaparrate (e l’abbondanza di fuffa anche nel cartellone 2014 ne è la riprova). E, tuttavia, bisognerebbe pur cercare di sottrarsi, una volta per tutte, all’angustia di orizzonti che ha sinora connotato le nostre strategie promozionali“.
Vittorio Vincenti

La risposta di Giorgio Specchia presidente dell’associazione Sipario Ostunese

Leggendo un articolo apparso sul quotidiano del 04 settembre ’14, nella pagina BRINDISI PROVINCIA dedicata ad Ostuni, in cui in sig. Vittorio Vincenti, persona sino ad oggi a me sconosciuta, fa un intervento ed una analisi, non so a che titolo, sulla cartellonistica dell’estate ostunese passata e presente, mi sono sentito tirato in ballo come presidente di associazione teatrale culturale  (sipario ostunese).

Quando il soggetto in questione si permette di etichettare come eventi di basso o insignificante spessore culturale le “sceneggiate vernacolari” da lui così chiamate, mi sento profondamente offeso come artista e a mio modo con la mia associazione portatore di cultura.

Vorrei inoltre ricordare al signor Vincenti che con questo epiteto offende non solo noi, che per il teatro vernacolare sacrifichiamo piacevolmente mesi della nostra vita, ma offende anche grandi maestri del teatro, infatti le opere della nostra compagnia in particolare sono riadattamenti di maestri come GOLDONI, DE FILIPPO, SCARPETTA, gente forse a lui sconosciuta, o quanto meno non avendo probabilmente mai assistito a nessuna di queste rappresentazioni si evince che non sa di cosa stia parlando.

Vorrei far notare anche che probabilmente uscendo poco perché troppo legato a qualche buon libro in poltrona, forma unica di cultura che forse ritiene degna di essere chiamata tale, non si è reso conto che negli scorsi anni proprio l’associazione SIPARIO OSTUNESE ha organizzato nel centro storico assieme ad altri amici una bellissima manifestazione TEATRALE-CULTURALE chiamata “musica e parole” che ha visto alternarsi attori nostrani e non ( Alfoso DeFilippis, Vittorio Continelli, Cinzia Marseglia, Paolo Panaro, Fabrizio Giannuzzi…).

Caro  signor Vincenti la sfido a realizzare tutto ciò, a tradurre un Goldoni dal Veneziano (cosa fatta oggi solo dal prof. Tommaso Nobile oltre noi) o a riadattare il più grande commediografo del 900 (Scarpetta) e anche a vivere di più la sua, nostra, città per scoprire che esiste anche un mondo culturale ampio in tante manifestazioni lontane da un libro.

Se il teatro è cultura e lo è, se il dialetto napoletano ed il suo essere popolare nelle commedie è cultura e lo è, perche il nostro dialetto, le nostre tradizioni ed i nostri modi di vivere non lo possono essere a suo parere?!

Il folklore e la tradizione ed il dialetto appartengono alla nostra storia alla nostra cultura ed alla nostra quotidianità, forse chi viene in Puglia cerca anche questo.

Unico punto su cui resto concorde con lei è quello dove si esprime certamente una visione più ampia guardando oltre il nostro “microcosmo” ed è quello che chiedo anche a lei, sappia guardare oltre quella che è la sua idea di cultura“.

Giorgio Specchia